Vendemmia 2017 – “Il mosto è in cantina e sparge il sentore, mentre tosto la vigna cambia colore”

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Vendemmia esclusivamente manuale

Antichi Coloni è una piccola azienda, la vendemmia, la raccolta delle nostre uve (le uniche che utilizziamo per produrre i nostri vini), viene effettuata a mano. Come cento anni fa. Come mille anni fa. Invece dell’asino, a sgobbare sotto questo sole inconsueto di ottobre c’è il vecchio Goldoni di famiglia, ultracinquantenne da 18 cavalli e un canto irresistibile per i cultori dei motori d’epoca. Nelle vigne poche persone dedite alla raccolta. I parenti stretti, qualche amico che viene a passare una giornata in nostra compagnia. Senza fretta, una pigna alla volta, deposta con cura nelle cassette fino al loro riempimento. Massimo 15 chilogrammi a cassetta, per non affaticare chi carica e per non schiacciare le prime pigne. In cantina arrivano intatte ed è la deraspatrice ad occuparsi del secondo step. I chicchi vengono separati dai raspi. Anche questo processo avviene regolando la macchina in maniera da non spappolare completamente il chicco. Una pompa ellittica prende il mosto e lo porta nelle vasche di fermentazione dove gli zuccheri, naturalmente contenuti nell’uva, si trasformano in alcool grazie alla presenza dei lieviti.

La vigna e l’uva da “spezzare”

Ma torniamo nella vigna. I tagliatori, muniti di coltello, “spezzano l’uva”. Con questa frase, tipicamente irpina se non proprio di derivazione paternese, si definisce arcaicamente la vendemmia. Spezzare l’uva non è un lavoro. E’ gioia. Chi scrive ricorda ancora quando durante le lunghe giornate di vendemmia le ore passavano tra i canti popolari e lo “cunto”. Cos’è? E’ il racconto, molto spesso aneddotico, di un fatto avvenuto in passato. Romanzato quanto non si sa, ma pregno sempre di quella saggezza popolare che contraddistingueva i contadini dell’epoca che fu. Oggi, chi ha avuto la fortuna di ascoltare quelle voci, può tramandare quei racconti alle nuove generazioni. Si perpetua, così, un rito secolare attingendo a quell’immenso bacino culturale e formativo che è la nostra terra. Le genti che hanno vissuto in Irpinia in un recente o meno recente passato, quelle che l’hanno curata e coltivata affinché arrivasse praticamente integra e bellissima fino ai nostri giorni, sarebbero sicuramente soddisfatte del lavoro fatto sul territorio dalle generazioni più giovani. Riscoprire l’agricoltura adattandola alle moderne metodologie ma senza perderne i valori dati dalle radici che affondano tenacemente nella nostra cultura contadina: questi siamo noi, semplicemente Antichi Coloni.

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie

La vendemmia è anche il periodo dove il pennello di madre natura si sbizzarrisce a dipingere con una tavolozza di colori incredibilmente variegati. Dominano il rosso e il giallo e il verde lascia dietro di sé l’estate della maturazione dell’uva. Le foglie iniziano a cadere. Alcuni piccoli grappoli resistono tenacemente nascosti dietro un pampino. Saranno di ristoro per gli uccelli stanziali e per i potatori che, in inverno, provvederanno a risistemare la vigna per l’arrivo della primavera e dei nuovi germogli. L’uva è oramai al sicuro in cantina ed è divenuta mosto prima e vino poi. San Martino è prossimo e con alcune belle giornate porta anche il “miracolo” della trasformazione del mosto zuccherino in vino alcoolico. Insomma, è proprio vero che “a San Martino ogni mosto diventa vino”. La saggezza popolare ancora una volta ci indica la strada. A noi non resta che seguire il solco degli Antichi Coloni, nostri antenati, vignaioli e agricoltori. Con l’unica certezza che è data dal vivere nella nostra terra, la terra che ci ha visto nascere e che amiamo.